La giornata del 4 trascorre sulla falsariga di quella di ieri, tra speranza dei difensori e timori degli assedianti, tutti egualmente in attesa degli eventi che incombono su di loro e dell’arrivo dell’armata di soccorso del Principe Eugenio.

In assenza di eventi di rilievo, oggi vorrei dare risalto al grande contributo dei civili durante l’assedio. Innanzitutto, dev’essere tenuto in grande considerazione quello che i civili NON hanno fatto e avrebbero potuto fare: ossia ribellarsi e creare confusione in città.

I francesi ci hanno provato eccome, facendo arrivare messaggi in cui invitavano i torinesi a ribellarsi al Duca in cambio della loro clemenza. Per tutta la durata dell’assedio i civili si sono “comportati bene”, non richiedendo ai difensori di distogliere la loro attenzione dagli spalti della Cittadella. Il compito di sorveglianza all’interno della città era dunque affidato alla milizia urbana, un corpo militare ausiliario fatto per lo più da volontari.

Ma i Torinesi hanno fatto ancora di più, con esempi mirabili di eroismo e amore per la loro patria. A cominciare da quelle trecento donne che aiutavano gli operai nei fossati della cittadella a scavare e portare via la terra, a volte rimanendo ad aspettare sotto le bombe, a volte costrette a portare via i cadaveri delle loro compagne.

E continuando con i bambini dell’Ospedale di Carità, che aiutavano a ripulire gli stretti cunicoli di mina dalle macerie e dai cadaveri. La cronaca del Tarizzo ci dice di più di quei bambini, “che non avevano miglior scorta che la propria innocenza, camminavano a piccole squadre col riso sulle labbra a lavorare attorno alle opere sotterranee delle mine, ove s’accadeva che alcuno vi rimanesse estinto sotto le rovine, trattone fuori con molto stento il piccolo cadavero, se lo caricavano sulle spalle e lo portavano sotto gli occhi del Pubblico a seppellire tra quelle sagre mura d’onde poc’anzi era partito, e ciò che accresce lo stupore, egli è che provocavano con tirare a sorte la sospirata elezione di girsene anch’essi a prender la loro parte nella difesa della Città,e nel servigio del loro Real Benefattore”. L’esempio di questi piccoli martiri induceva altri bimbi ospiti dello Spedale di Carità a imitarli, e il loro passaggio tra i cittadini mentre venivano condotti alla sepoltura doveva servire da esempio più di mille parole.

L’assedio di Torino, come si può vedere, non fu vinto solo dai soldati.

Il Solaro della Margarita riferisce di un ultimo attacco sferrato dai francesi tra le 21 e le 22 del 4 settembre: “Il fornello, che non aveva preso fuoco l’ultima volta sotto la piazza d’armi sinistra davanti la mezzaluna, fu fatto scoppiare: due cannoni, che i nemici avevano rimesso dentro la batteria della stessa piazza d’armi, vennero rovesciati, i francesi spaventati indietreggiarono: si sentivano i loro ufficiali spronarli per farli avanzare, per l’onore o con le minacce: ma dopo questo debole e ultimo sforzo, dovettero lasciarli rientrare nella loro trincea, senza più osare di intraprendere nulla”. Ed è effettivamente così. Questo sarà l’ultimo tentativo di attacco dei francesi, che da questo momento in poi si limiteranno a tirare colpi di cannone nemmeno troppo convinti. La battaglia di San Secondo del 27 agosto si è rivelata il vero punto di svolta della guerra: i torinesi hanno resistito e si sono rinfrancati, i francesi hanno perso lo scontro e la fiducia.

Più tardi, quella stessa notte, si vedono fuochi accendersi sul colle di Superga. L’attacco per la liberazione della città è sempre più vicino.

Il quadro, dipinto da R.Westall, raffigura un ragazzo con gli abiti dell’epoca.