“Il primo giorno (di agosto) i Nemici spinsero di molto i loro lavori con la zappa e procedettero di molto sia verso le due controguardie che verso la piazza d’armi a destra davanti alla mezza luna, e dal momento che le loro contromine erano già molto vicine alle nostre gallerie superiori, e soprattutto a quella del bastione S. Maurizio, si fece caricare una fogata con delle bombe per vedere se si potevano distruggere le mine dei Nemici, tentativo che non fallì affatto; le loro mine già cariche presero fuoco da una delle nostre bombe, la galleria fu messa sottosopra senza che la nostra ne fosse toccata”.
Così scrive il diario “giornaliero dell’assedio di Torino”, di autore anonimo, che ho già citato altre volte in questa cronaca. Lo stesso episodio viene raccontato anche dal resoconto del comandante dell’artiglieria Sabauda, il Solaro della Margarita che, essendo del mestiere, vi aggiunge dovizia di particolari tecnici:
“Non appena quelli che sono all’ascolto nella galleria dell’angolo saliente della mezzaluna del soccorso ebbero avvertito che il Minatore nemico non era lontano, noi facemmo scoppiare una fougasse (una fogata, una mina) nella Galleria capitale alta della mezzaluna del soccorso verso la punta della piazza d’armi (nemica). Questa mina incendiò uno dei loro fornelli, e poiché essi non erano ancora chiusi, il fuoco si sviluppò dal loro lato, fece esplodere le loro gallerie, e asfissiò dei loro minatori: poi il soffio del fioco passando per un pozzo, andò ancora a bruciare altri Minatori che erano in alto alla bocca di questo pozzo, rovesciò i loro gabbioni e li ridusse in cenere”.
Di fronte al successo di questo 1 agosto e in generale dei primi due mesi e mezzo d’assedio, perfino un condottiero equilibrato come il Solaro si permette di indugiare su un’ombra di ottimismo:
“Si sarebbe creduto che al mese di Agosto gli Assedianti sarebbero ancora al di là delle nostre Palizzate? Essi non si affrettano molto nell’avvicinarsi: la loro trincea non si è prolungata che di qualche passo”.
I difensori danno un’altra dimostrazione dell’attitudine sabauda a non cullarsi sugli allori: 200 cittadini muniti di vanghe e attrezzi da lavoro vanno a rafforzare le fortificazioni dell’Opera a Corno, dalla parte di porta Susina, per creare ostacoli a un attacco francese in quella direzione. 3 uomini restano feriti dalle pietre smosse dai cannoni nemici.
I francesi fanno grandi movimenti di truppe: 36 squadroni e 2 reggimenti di fanteria vengono inviati agli accampamenti di Valenza e Pavia per unirsi all’esercito del Duca d’Orleans impegnato a ostacolare l’armata di soccorso del Principe Eugenio. Dodici battaglioni vengono inviati al di là del Po a occupare la collina e la sponda del fiume fino a Madonna del Pilone, con l’intento di disturbare le comunicazioni e interrompere il flusso dei rifornimenti: parte di queste truppe si scontrano con quelle messe a difesa della collina, e ne seguono scaramucce nelle vicinanze della vigna del marchese Pallavicino (situata nella zona dell’attuale strada Sant’Anna). A Torino rimangono pur sempre 40 squadroni e 47 battaglioni: un’enormità di uomini, e un confronto ancora troppo impari con l’armata dei difensori.
L’immagine in testa al post è tratta, ancora una volta, dal fumetto “la vera storia di Pietro Micca”, pubblicata nel 1969 dal Corriere dei Piccoli.