Il 30 aprile del 1706 Torino è in fermento. Un’imponente armata francese si sta preparando ad assediare la città e il Duca di Savoia con i suoi generali stanno facendo gli ultimi, febbrili lavori di fortificazione delle difese.
Ancora nessuno lo sa, ma i libri di storia stanno per scrivere una pagina che renderà Torino e i torinesi protagonisti di un evento di rilevanza straordinaria, segnato da atti di coraggio, eroismo, clamorosi errori di valutazione e perfino da situazioni al limite del sovrannaturale: l’Assedio di Torino.
Come siamo arrivati a questo punto? Facciamo un passo indietro e inquadriamo la vicenda nell’ottica della politica europea dell’epoca.
1 novembre 1700: muore, a Madrid, il sovrano di Spagna Carlo II. Un re la cui vita è stata tutt’altro che facile, segnata da debolezza e continue malattie. Ha iniziato a camminare a quattro anni e a parlare a otto, e per tutta la vita è stato cagionevole al punto che in patria lo hanno infatti soprannominato “El hechizado“, lo stregato. Si pensa infatti che su di lui sia stata lanciata una maledizione, tanto che nel suo regime di cure gli esorcismi hanno lo stesso peso di purghe e salassi. Quando si dice che il rimedio è peggio del male… La verità, vista con gli occhi della ragione e delle conoscenze mediche di qualche anno dopo, è molto più elementare: tare genetiche. I matrimoni dei reali spagnoli prevedevano spesso incroci tra consanguinei, tanto che il padre e la madre di Carlo II, Filippo IV e Marianna d’Austria, erano zio e nipote!
In vita Carlo II non ha fatto nulla di rilevante, sedendo sul trono di una potenza ormai in declino. In punto di morte, però, diventa arbitro dell’intera politica europea: nonostante due matrimoni, non ha infatti avuto figli, e deve prendere una decisione sull’eredità che si lascerà alle spalle.
Carlo II è un Asburgo, del ramo spagnolo. Com’è naturale, i primi a proporsi come candidati al trono vacante sono gli Asburgo d’Austria, con l’Imperatore Leopoldo I che propone come erede suo figlio. La Francia, la più importante potenza dell’epoca, dovrebbe rimanerne fuori: Sua Maestà Cristianissima Luigi IV ha sposato sì la sorella di Carlo, Maria Teresa, ma nel contratto di matrimonio ha anche promesso di rinunciare a qualunque pretesa sul trono spagnolo per sé, per sua moglie e per i suoi discendenti. Il contratto, tuttavia, prevede anche una robusta dote che la Spagna non ha mai pagato. Decaduto il diritto, sostiene Luigi, decade anche il dovere, ed ecco che anche lui propone un candidato: il suo pronipote Filippo.
Le diplomazie europee si mettono all’opera cercando di scongiurare la guerra: la prima proposta prevede di assegnare la Lombardia all’Austria, Napoli e la Sicilia alla Francia, e il trono con il resto dei possedimenti spagnoli (comprese le ambite colonie americane) a un sovrano “neutrale”. Viene avanzata anche la candidatura del Duca di Savoia Vittorio Amedeo II, ma poi gli viene preferito il un principe bavarese. Che muore cadendo da cavallo. Si ricomincia a trattare. La seconda ipotesi assegna all’Austria la Spagna, le Fiandre (l’odierno Belgio) e le colonie d’oltreoceano, e alla Francia i possedimenti spagnoli in Italia (Lombardia, Sicilia e Napoli). Paradossalmente, a rifiutare l’accordo è Leopoldo I, sicuro com’è che Carlo II sceglierà il ramo austriaco della famiglia come erede.
Ecco che invece “Lo stregato” compie la scelta che scombina tutto. Chiede consiglio al Papa. Il quale pensa innanzitutto agli interessi del Papato. Stretto tra l’alternativa di avere in Italia un fantoccio di Sua Maestà Cristianissima (ripeto, Cristianissma: così si faceva chiamare Re Sole) e un principe imperiale capace di esercitare una forte autorità (sono passati un po’ di secoli, ma a Roma ricordano bene il tempo delle lotte tra guelfi e ghibellini), chi poteva scegliere Sua Santità? Ovviamente Filippo d’Angiò, nipote di Luigi XIV.
Sembra che la scelta di Carlo II, oltre a indignare il resto d’Europa, non renda così felice nemmeno Re Sole. Una guerra contro Austria, Olanda e Inghilterra non è proprio uno scherzo. Prevale l’orgoglio, però, e con orgoglio Luigi accoglie gli ambasciatori spagnoli mostrando loro il nipote e pronunciando le parole: “Signori, ecco il Re di Spagna”.
Da quel momento le diplomazie smettono di parlare, e parlano le armi.
Il Duca di Savoia, digerita la delusione per non essere finito lui sul trono spagnolo, deve scegliere se rimanere neutrale (come fanno praticamente tutte le signorie italiane dell’epoca) oppure schierarsi. Vittorio Amedeo II è ambizioso e mira a ottenere un titolo di re, quindi si schiera.
Domani racconterò meglio le forze in gioco e secondo quali accordi e alleanze.
Il dipinto raffigura l’incoronazione di Filippo d’Angiò come Re di Spagna, avvenuta il 16 novembre 1700.