All’alba del 6 settembre tutti sanno che lo scontro decisivo è imminente, questione di ore, e la giornata comincia molto bene per la causa di Torino.
Come ricorderete, ieri è stato intercettato un convoglio francese con 800 muli carichi di rifornimenti (viveri e polvere da sparo) che proveniva dalla Val di Susa e diretto a Torino. I nemici scampati all’imboscata si erano rifugiati nel castello di Pianezza, ma questa notte sono stati messi fuori combattimento grazie all’intervento di una popolana, Maria Bricca.
La donna, che un tempo aveva lavorato come cuoca nelle cucine del castello ed era a conoscenza di un passaggio segreto che portava all’interno, va a dare la preziosa informazione ai soldati del Duca che riescono a entrare nel castello e a conquistarlo senza colpo ferire. Grazie anche a questa ‘soffiata’, il castello di Pianezza e conquistato, e i francesi hanno perso uno dei loro magazzini di polvere da sparo che, in vista della battaglia finale, non è una bella cosa.
Come nel caso di Pietro Micca, la figura di Maria Bricca venne celebrata anche oltre i suoi effettivi meriti, specie in epoca risorgimentale dove si dava grande risalto agli esempi di coraggio e patriotismo degli eroi provenienti dal popolo. Il ruolo della Bricca è comunque
storicamente accertato, anche se quasi di sicuro si limitò a dare le indicazioni ai soldati, e non li guidò brandendo un’ascia, come viene raffigurata nel celebre dipinto del Gonin. Anche perché i censimenti dell’epoca ci informano che era diventata mamma da poco meno di due mesi.
Al mattino del 6 settembre entrambi gli schieramenti tengono consiglio di guerra. I francesi lo fanno nelle vicinanze della cascina Barolo (oggi un B&B in strada Altessano, in zona Continassa, a pochi passi dallo stadio), all’ombra di un grande albero abbattuto all’inizio del 1900. Poche ore prima il generale La Feuillade aveva ricevuto una lettera da suo suocero, il ministro della guerra Chamillart, che gli suggeriva una ritirata onorevole. Tra le altre cose, però, gli scrive: “E’ in queste occasioni che occorre sacrificarsi per l’interesse dello stato. La vostra gloria ne soffrirà, gli invidiosi trionferanno, i nemici della mia carica più che della mia persona mi accuseranno quanto potranno…”. Non esattamente le parole migliori per convincere un uomo orgoglioso alla ritirata. E infatti La Feuillade non si ritira. Però Chamillart avrà fatto lo sforzo formale per dire a sua figlia che ha fatto del suo meglio per portarle in salvo il marito. Chi lo sa quali siano stati i veri pensieri del ministro della guerra mentre scriveva questa lettera?
Immaginiamo dunque di presenziare alla riunione dell’alto comando francese che, ricordo, era tutto tranne che un esempio di concordia e unità di intenti. Il Duca d’Orleans è forse il miglior comandante che si possa avere in un gruppo di ufficiali sostanzialmente incompetenti, boriosi e raccomandati. Per questo non lo sopporta nessuno.
I francesi sono ancora in sovrannumero, grazie ai rinforzi portati dal Duca d’Orleans: 40000 uomini contro 30000 imperiali del Principe Eugenio. Per questo Filippo d’Orleans propone di schierare le truppe in campo aperto, per impedire agli imperiali di scegliere loro da dove attaccare e per affrontarli in campo aperto, dove non ci sono molte alternative se non ammazzare più uomini del nemico. Una proposta intelligente, ma visto che è il D’Orleans a farla gli dà subito contro il Maresciallo Marsin (quello che a Hochstadt ha lasciato massacrare
migliaia di uomini mentre se la dava a gambe in carrozza, in compagnia delle mogli e amanti al seguito dell’esercito). Marsin aggredisce verbalmente Filippo d’Orleans gridandogli addosso che non può interrompere un assedio senza un ordine scritto del re. Gli altri generali, uno dopo l’altro, si allineano alla posizione di Marsin, e il Duca d’Orleans, pare, la prende male, con un atteggiamento che si può riassumere con un “fate un po’ quel che cappero volete”. Con decisione praticamente unanime, si conviene che sia meglio aspettare il principe Eugenio al sicuro nelle trincee: in questo modo lasciando che sia il principe Eugenio a impostare la strategia come piace a lui.
Il principe Eugenio, ovviamente, non se lo lascia dire due volte. Qualche giorno fa lui e il cugino Duca di Savoia hanno studiato le posizioni francesi dal colle di Superga. Con le idee chiare delle fortificazioni nemiche, i due cugini stabiliscono di aggirare le posizioni nemiche per portarsi nella parte nord occidentale di Torino, quella meno fortificata perché i francesi tutto si aspettavano tranne che un attacco dalla direzione della Francia. E’ una manovra rischiosa perché comporta di marciare sotto gli occhi del nemico e il rischio di essere attaccati mentre non si ha tempo di formare uno schieramento efficace. La marcia avviene e l’esercito di soccorso prende posizione nella zona di Lucento senza ricevere attacchi: i francesi, ricordiamo, hanno scelto di aspettare al riparo delle trincee.
Superata la Dora, i soccorritori di Torino si accampano con il lato destro sul bordo della Dora davanti a Pianezza, con quello sinistro sulle rive della Stura davanti a Venaria. La sera vengono diffusi tra le fila dei soccorritori gli ordini per l’indomani, di cui abbiamo testimonianza scritta. Possiamo immaginare l’emozione, la gioia e la trepidazione di soldati e ufficiali quando leggono le disposizioni per la battaglia.
“Domani, a Dio piacendo, si marcerà contro le linee nemiche nei modi prescritti e nell’ordine seguente: un’ora prima del giorno la cavalleria sellerà i cavalli senza il segnale del buttasella. La fanteria senza battere i tamburi si disporrà altresì per la marcia, sicché allo spuntar del giorno tutta l’armata sarà pronta a marciare. La fanteria avrà l’avanguardia e tutti i granatieri si riuniranno davanti alla fanteria prussiana. La fanteria in otto colonne, per cui le due linee ne formeranno quattro ciascuna, tutti i granatieri marcieranno davanti alla brigata Stillen; i pezzi da campagna saranno fra i battaglioni secondo la ripartizione che se n’è fatta e lo spazio da un battaglione all’altro sarà di 20 o 30 passi. La seconda linea farà la stessa cosa, ma lascerà degli intervalli più grandi affinché in caso di confusione i battaglioni della prima linea si possano riformare dietro ed anche per lasciare passare la cavalleria quando occorrerà che agisca. Si marcerà più avanti che si potrà armi in spalla e nessuno sparerà senza avere un ordine positivo del suo ufficiale. Dopo che la fanteria avrà preso posto nella linea dei nemici la cavalleria passerà per le aperture che la fanteria avrà lasciato e si apposterà per profittare della confusione dei nemici. E in caso che essi si raccolgano, caricherà immediatamente e li perseguiterà con la fanteria per togliere a loro il tempo e i mezzi di riassestarsi. Gli ussari marceranno davanti all’ala sinistra sullo stradone ed avranno già l’ordine di ciò che dovranno fare”.
Non c’è molto da aggiungere. Tra qualche ora parleranno le armi.
L’immagine di oggi raffigura Maria Bricca alla testa dei soldati che conquistano il castello di Pianezza: il quadro fu dipinto dal pittore Gonin.