Mentre a Torino si fa spasmodica l’attesa per l’inizio dell’assedio, i francesi cominciano a smontare le tende per marciare sulla capitale del Ducato. Le armi presto cominceranno a parlare, ma prima facciamo ancora in tempo a seguire gli eventi che ci hanno portati a questo punto della guerra, dove si giocherà il tutto per tutto.
Torniamo indietro di quasi due anni e mezzo. All’inizio del 1704 il problema di Vittorio Amedeo II è di essere solo e con un esercito in grave inferiorità numerica, col suo territorio invaso dalle armate del generale Vendôme. I rinforzi promessi dagli alleati austriaci tardano ad arrivare, così il Duca fa le uniche cose che può: si sposta e sposta i suoi generali sul territorio, cercando di spingere i nemici ad abbandonare le proprie posizioni per combattere, e il 3 gennaio conquista la rocca di Stradella. Vittorio Amedeo spera in questo modo di favorire il passaggio agli imperiali. Nel frattempo, ovunque passa, cerca di sollevare la popolazione contro gli invasori e di procedere a nuovi arruolamenti.
Tutto questo avviene sotto un clima davvero inclemente, con piogge furiose che rovinano le strade e tramutano la terra in fango, ostacolando il passaggio delle truppe. La strategia, però, funziona: il generale Vendôme si mette in marcia col suo esercito per inseguire il Duca e gli imperiali agli ordini del generale Stahremberg riescono a oltrepassare la Bormida e finalmente a radunarsi con le truppe di Vittorio Amedeo II, a Canelli: è il 13 gennaio 1704. Nelle settimane successive sabaudi e imperiali fanno qualche tentativo per conquistare piazzeforti in mano al nemico e rafforzare la posizione sul territorio, in particolare Asti. Non hanno fortuna, né forse abbastanza uomini, così sono costretti a fare ritorno a Torino e a iniziare le opere di difesa.
Le cose hanno già cominciato ad andare male nei possedimenti d’oltralpe del Ducato. La Savoia viene conquistata dalle truppe inizialmente affidate al conte di Tessé a cui, dopo qualche settimana, è subentrato un certo giovane generale, tanto inesperto quanto fiducioso nei suoi mezzi: Louis D’Aubusson de la Feuillade. Il suo nome è destinato a fare la storia dell’assedio di Torino.
La Feuillade ottiene una facile vittoria sulle truppe sabaude comandate dal marchese di Sales. Le lettere scambiate con il Duca di Savoia, giunte fino a noi, ci dicono che il marchese non era l’uomo giusto per guidare la difesa della Savoia. Troppo incerto e sfiduciato, troppo bisognoso di suggerimenti per osare fare qualcosa di sua iniziativa: in un epoca dove l’informazione viaggiava a tempo di cavallo e di strade più o meno dissestate, ogni ritardo può costare carissimo. Una lezione ricevuta che Vittorio Amedeo II impara a sue spese: è fondamentale scegliere gli uomini giusti da mettere in cima alla sua linea di comando. Una impartita di cui invece il La Feuillade non fa tesoro, visto che durante l’assedio sarà lui nei panni dello sconfitto marchese di Sales, a perdere tempo prezioso per chiedere al Re Sole suggerimenti e conferme su come procedere.
A questo punto della storia, nell’impossibilità di conoscere il futuro, l’unica certezza per francesi è sabaudi è che la Savoia è caduta sotto il vessillo con i gigli di Sua Maestà Cristianissima, con l’eccezione della munitissima fortezza di Montmelian. Il Duca Vittorio Amedeo manda il terzo battaglione del reggimento Reding a presidiare il passo del Piccolo San Bernardo. Per fortuna ci pensa il maltempo a ritardare invasione nemica.
In analoghe difficoltà versa la contea di Nizza il cui governatore, il marchese di Caraglio, è abile e risoluto: sin dallo scoppio delle ostilità comincia a prepararsi all’invasione francese, pure dovendo fare i conti, scrive al Duca, con il “mancamento delle armi, mentre puochi sono quelli che ne sono provisti, e poi anche male, et in tenue quantità delle armi”. Il marchese procede ugualmente a rimpolpare i battaglioni di fanteria ordinaria stanziati a Nizza, ma anche di formare compagnie di milizia ausiliaria composte “de’ mercanti, artisti e lavoratori della città non incorporati nel battaglione, come de’ meno habili alle armi quali anche loro monteranno la guardia in città…”
Caraglio studia un audace colpo di mano affidandolo al colonnello del reggimento Saluzzo, il cavaliere di Blagnac, che cattura un distaccamento francese alloggiato nella vicina Saint-Laurent, requisendo i preziosi armamenti e la polvere da sparo. Un successo che fa morale ma che lascia comunque poche speranze, di fronte a un nemico che con tutta probabilità attaccherà dal mare con le sue artiglierie…