Ieri abbiamo visto i movimenti e le prime vittorie francesi nei territori del Ducato di Savoia nell’anno 1704. Che è un anno importante e (visto a posteriori) probabilmente decisivo per la guerra di successione spagnola, grazie a quanto succede in un teatro di guerra diverso, quello delle Fiandre.

Le cose stanno andando bene per la Francia da quelle parti. Molto bene. Con una serie di importanti vittorie premono sulla coalizione nemica formata da inglesi, olandesi e imperiali, e conquistano addirittura posizione sul Danubio. Vienna, la capitale degli Asburgo, è in pericolo, anche a causa della rivolta della popolazione ungherese provata prima dall’invasione ottomana, poi dall’imposizione di forti tasse. Minacciata dagli ungheresi a est e dai francesi a ovest, gli Asburgo si affidano al loro migliore generale: il Principe Eugenio di Savoia.

Insieme al miglior generale dell’armata inglese, il Duca di Marlborough, il Principe Eugenio attira i francesi comandati dal Duca di Tallard e dal maresciallo Marsin (altro nome da ricordare, in ottica dell’assedio di Torino) in una trappola presso la cittadina bavarese di  Höchstädt an der Donau. Quella che diventerà nota come la Battaglia di Blenheim finisce con una disfatta memorabile dell’armata francese (la prima dopo cinquant’anni), che perdono 20000 uomini tra morti e feriti, e più di 14000 prigionieri, tra i quali lo stesso Tallard… mentre Marsin riesce a salvarsi dandosela a gambe. Non è tutto: Luigi XIV perde l’alleanza dell’Elettore di Baviera, costretto a ritirarsi dalla guerra, passando in parte sotto il controllo dell’Austria.

Dopo questo scontro, che domina la scena per tutto l’anno 1704, il Duca di Marlborough consolida il suo potere e il Principe Eugenio la sua fama. Re Sole è obbligato a distogliere l’esperto generale Vendôme dalla campagna d’Italia e a mandarvi… il maresciallo Marsin. Con conseguenze, vedremo, disastrose. Fortunatamente per Torino.

La battaglia di Blenheim segna un punto di svolta della guerra, e per questa ragione è particolarmente documentata. Una guerra dove non si ha pietà di niente e di nessuno, e dove colpire la popolazione civile è parte integrante della strategia. Una testimonianza dell’epoca giunta fino a noi racconta che nelle due settimane precedenti la battaglia, sperando di indurre i soldati bavaresi a dare battaglia prima di essere rafforzati dagli alleati francesi, il Duca di Marlborough comandò di devastare la campagna: ‘Razziammo senza pietà i poveri abitanti. Non risparmiammo nulla, uccidendo, bruciando o distruggendo in qualche modo tutto quello che non potevamo portare via.’

Non dimentichiamo che la prima Convenzione di Ginevra per l’umano trattamento dei feriti e dei prigionieri risale al 1864, e il concetto di “crimini contro l’umanità” nacque solo nel 1915 dopo il genocidio armeno! Una guerra è sempre orribile, ma mi mette i brividi pensare a come doveva essere vivere durante una guerra a quei tempi.

Il poeta romantico inglese Robert Southey (1774 – 1843) scrisse una poesia su questa battaglia, che mi fa piacere riportare nella traduzione italiana di Gabriele Poole:

DOPO BLENHEIM

Era una sera di estate e il lavoro
Per il vecchio Kaspar era finito
E lui sulla porta della casa
Al sole seduto stava
E accanto a lui sul prato
La nipote Wilhelrnine giocava

Vide il fratello Peterkin
Far rotolare una cosa grossa e tonda
Che aveva trovato sulla sponda
Giocando laggiù al ruscello.
Ma cos’era mai quella cosa grossa e tonda
Chiedeva, che stava sulla sponda?

Il vecchio Kaspar la prese dal ragazzo
Che accanto a lui stava aspettando
Poi scosse la testa lentamente
E un sospiro spontaneo gli sfuggì,
“È il teschio di un poveraccio senza gloria
Che cadde nella grandissima vittoria.”

“Ne trovo anche nel giardino
Perché tanti ce ne sono qua
E spesso anche quando sto arando
Il vomere li fa spuntare qui e là
Perché molte migliaia dice la storia
Son morti nella grandissima vittoria.”

“O dicci allora che successe”
Grida allora il giovane Peterkin;
E alza lo sguardo la piccola Wilhelmine
Con occhioni già meravigliati;
“Dicci tutto quel che sai di quella guerra
E perché si son scontrati in questa terra.”

“Furono gli inglesi” esclama il vecchio Kaspar
“Che i francesi costrinsero alla fuga,
Ma il motivo per cui fecero battaglia,
E in verità un po’ tutta quella storia,
Non l’ho capito mai, ma tutti dicono
Che è stata una grandissima vittoria.

Al tempo, mio padre stava a Blenheim
Vicino a quel fiumiciattolo laggiù;
Ma vennero il fuoco ad appiccare
E lui a scappare fu costretto
Con la moglie, e con me piccoletto
E non aveva più un posto dove stare.

A ferro e fuoco tutta questa zona
Fu devastata in lungo e in largo
E molte donne che aspettavano un bambino
E molti neonati non videro il mattino
Ma ahimè succede sempre questa storia
Ad ogni grandissima vittoria.

Dicono che orrenda era la vista
Del campo di battaglia a cose fatte;
Migliaia e migliaia di corpi dappertutto
giacevano marcendo sotto il sole;
Ma ahimè succede sempre questa storia
Dopo una grandissima vittoria.

Al Duca di Marlbro e al principe Eugenio
Tutti quanti gridarono: Evviva!”
Disse allora la piccola Wilhemine.
“Ma allora fu una cosa molto brutta!”
“No piccola mia, non è così la storia
In realtà fu una grandissima vittoria.

E tutti fecero complimenti al Duca
Che aveva vinto la battaglia.”
“Ma alla fine a che è servito?”
Fa Peterkin, che era stato muto.
“Questo non so, ma sappiamo dalla storia
Che è stata una grandissima vittoria.”