All’alba del 24 giugno 1706 si scatena la potenza di fuoco dell’armata assediante. 6 batterie francesi di 10 cannoni ciascuna cominciano a sparare sui bastioni del Beato Amedeo e di San Maurizio. Non dimentichiamo mai, infatti, che i piani d’assedio prevedono di indebolire tutto il tratto di mura che separa i due bastioni e la fortificazione esterna messa a protezione di quel tratto di mura, la mezzaluna di Soccorso. Questo cannoneggiamento delimita la zona su cui si concentreranno, da qui in poi, quasi tutti gli sforzi francesi ma, in questa prima fase, è vanificato dalla presenza delle opere difensive che hanno creato un vero e proprio terrapieno a protezione dei bastioni: le controguardie.
Scrive il Solaro della Margarita:
“[le controguardie] costringono il nemico ad un fuoco radente con dei colpi che sfiorano appena i parapetti o addirittura ne passano sopra, in modo che la furia del fuoco si scarica sulla città: le case sono perforate da colpi di cannone che infilandosi nelle strade e rimbalzando dappertutto vanno di volata fin oltre il Po, facendo tremare tutti quanti”.
Il giorno tradizionalmente dedicato a San Giovanni patrono di Torino verrà ricordato per un ferocissimo bombardamento che causa molte vittime civili. Ancora il Solaro racconta: “Dei borghesi furono uccisi in centro città e spesso dei colpi fuori dall’ordinario, così come fanno piangere ad una donna suo figlio schiacciato sotto le macerie di un muro, fanno poi piangere i bambini, per la loro madre tagliata in due in mezzo alla strada. Questa specie di massacro, che non fa guadagnare un’ora ai francesi nella presa della Piazza pare imprimere qualche macchia sul loro valore e l’inutilità del loro fuoco conferma la poca stima che si ha della loro esperienza della guerra, poiché con tutto il rumore che fanno, le nostre difese non subiscono danni di giorno che non si possano riparare in pochissime ore durante la notte”.
Il Tarizzo, nella sua cronaca, si sofferma invece sugli effetti delle bombe su Torino e sui torinesi: “non v’era Contrada, per cui si potesse andare con sicurezza, né Casa ove si potesse abitare senza pericolo. Da per tutto si stava con lo spavento, mentre da ogni parte sopravenivano le offese a squarciar le mura, a scomparir i tetti, a traforare i soffitti, e a coglier qua e là gli Abitatori”.
La reazione degli assediati è immediata e fa ben altro effetto. Entro mezzogiorno vengono colpiti 18 pezzi di grosso calibro e 10 depositi di polvere, che saltano in aria uccidendo oltre 200 uomini. Un’altra incursione notturna crea scompiglio nelle trincee francesi, anche se costa la vita a un granadiere, a un sottoluogotenente del Reggimento Regal, oltre qualche soldato.
Alla fine della giornata del 24 giugno 1706 le batterie della piazza avranno sparato la bellezza di 3870 cannonate.
I lavori della Congregazione procedono malgrado la minaccia delle bombe. La recente scoperta della fuga di notizie (il bimbetto con le carte da gioco numerate secondo un codice, come visto nell’approfondimento del 23 giugno) preoccupa molto gli alti comandi che stabiliscono di mettere ulteriori controlli agli accessi di Torino. Tutte le porte della città, a eccezione di quella di Po, vengono chiuse al passaggio di chiunque non faccia parte del Presidio o non abbia un apposito permesso. Le punizioni saranno severissime anche per chi da questo momento accoglierà forestieri senza dare comunicazione immediata agli uffici delegati.
“[…] Dovendo Noi andar al riparo di tutti quei abusi, e inconvenienti, che puonno nascer dalla frequenza delle persone, sotto pretesto d’affari particolari, o altro, s’introducono in questa Città, e sortono dalla medema; […] stabiliamo che d’hor’in avvenire alcuno non potrà più entrar, ne uscire per alcuna altra Porta, che per quella di Po, con prohibitione a chi si sia d’entrare, ne uscire per alcuna delle altre, le quali vogliamo solo, che servino per il puro uso del Presidio, ed anche per le persone destinate alli travagli delle Fortificationi interiori, e esteriori; e che quelli che intenderanno entrar, e uscire per detta Porta di Po, debbano haver la licenza da Noi in voce, o in seriti, sotto pena della morte naturale a chi contraverrà a quanto sopra; Prohibendo a qualsivoglia persona, sia Cavagliere, Nobile, o Gentilhomo, e ad ogn’altro Cittadino, o habitante in questa Città, di qualsivoglia sesso, grado e conditione, Collegj, Università, Communità, Ecclesiastiche, tanto Secolari, che Regolari, niuno eccetto di dar ricovero sotto qualsivoglia pretesto a chi che sia, che d’hor avanti venisse ad introdursi in questa Città, ne ritenerli in casa sua ne anco per il spatio d’un hora, senza darcene aviso, ed ottener da Noi l’opportuna permissione sotto pena della confisca di tutti i loro beni, e redditi, siano stabili, che mobili, oltre altra corporale a Noi arbitraria, a quali si doverà immediatamente,
o pure in progresso di tempo, senza che il transcorso di quello possa apportar alcun beneficio alli Contraventori, meno impedire l’effetto, e esecutione del presente”.
Il 24 giugno 1706, ricorrenza del Santo Patrono, Torino si rende conto che le schermaglie sono finite. Adesso si fa sul serio.
L’immagine in testa al post, di Gary Thompson, raffigura una postazione trincerata di artiglieria. Quelle che prendevano di mira Torino non dovevano essere troppo dissimili.