Giunge la notizia (tanto per cambiare, attraverso i disertori) che è giunto a Torino il Duca D’Orleans, inviato dal Re Sole a prendere il comando al posto del Duca di Vendôme nella campagna d’Italia, mentre quest’ultimo va a sostituire il Maresciallo Marsin nelle Fiandre… e Marsin viene nominato da Re Sole consulente di La Feuillade nelle operazioni d’assedio e del Duca D’Orleans sul più vasto fronte italiano.

Nel cambio ci guadagnano senz’altro i Torinesi: Vendôme e Marsin sono di due paste ben diverse.

Il primo, tra l’altro, aveva capito che l’assedio di Torino si sarebbe vinto innanzitutto impedendo al principe Eugenio di portare soccorso con la sua armata di imperiali, riuscendo perfino a riportare un importante vittoria in battaglia a Calcinato, vicino al lago di Garda, il 19 aprile. Insomma: non c’è dubbio sul fatto che dei generali francesi Vendôme sia uno dei migliori.

Ferdinand de Marsin è invece l’esempio lampante dell’incapacità di Luigi XIV di scegliere gli uomini giusti. Un gran parlatore, un perfetto cortigiano, un abilissimo ballerino di minuetto (anche lui, come La Feuillade), ma uno stratega incapace e un uomo arrogante: un mix micidiale. A Hochstadt, nelle Fiandre, è stato sbaragliato dall’esercito angloaustriaco e dal principe Eugenio: mentre i suoi uomini venivano fatti a pezzi, se l’è data a gambe con le dame a seguito dell’armata. Marsin viene nominato consulente della campagna militare italiana: una sciagura, ma Re Sole era fatto così, quando ti prendeva in simpatia non avrebbe mai voluto scontentarti.

A sostituire Vendôme viene quindi mandata in Italia una delle figure più controverse e inquietanti dell’epoca, il duca Filippo d’Orleans. Imparentato con Re Sole ma anche con il Duca di Savoia (è il fratello della moglie di Vittorio Amedeo II), è un uomo di bella presenza, affabile, autoritario, un coraggioso soldato e un abile stratega.

Non solo, però: educato da un religioso dissoluto, l’abate Dubois, Filippo ha imparato l’arte, le scienze e l’alta politica, ma anche il libertinaggio. In Francia circolano voci inquietanti su di lui: pare che si circondi di gente rozza e dissoluta, che si mescoli a teatranti e commedianti, che abbia usato le sue conoscenze nel campo della chimica per avvelenare i figli di Re Sole e avvantaggiarsi nella linea di successione. Che pratichi riti satanici nelle cave di Vanves e di Vaugirard per evocare il Diavolo e ottenere favori.

Confermate o meno che siano le voci, sta di fatto che pur essendo un generale obiettivamente più abile degli altri (lo confermano i successi militari della sua carriera) Re Sole lo manda nella mischia quando non ha più alternative. Forse anche lui crede nelle voci inquietanti su Filippo. Di certo la convivenza del Duca d’Orleans con gli altri generali francesi impegnati nelle operazioni belliche in Italia non sarà delle più facili. E di questo, naturalmente, trarranno vantaggio Vittorio Amedeo II e il Principe Eugenio.

«È vero quello che si dice sul Duca d’Orléans?» chiese la dama che si trovava accanto all’uomo coi baffetti.
«Tutte sciocchezze!» scattò D’Estaing. «Pettegolezzi messi in giro
dalle malelingue di Versailles per screditare il Duca!»
«Non ce lo direte, dunque?» insisté la donna. D’Estaing la guardò
come se fosse una scacchiera, o la mappa di un campo di battaglia con
le pedine schierate.
«Non è un segreto per nessuno» rispose. «Ve lo dirò, se ci tenete a
saperlo.»
L’ufficiale non sembrava avere fretta di parlare, ma gli altri lo guardavano
senza intervenire, o senza preoccuparsi di impedirglielo.
«Penso che sappiate già che il Duca è un uomo dedito a molti interessi
» disse alla fine D’Estaing. «Ed è molto versato in tutti quanti.»
«A quali interessi vi riferite?» intervenne l’ufficiale coi baffetti. «Libertinaggio, negromanzia, alchimia… conoscenza dei veleni?»
D’Estaing gli lanciò un’occhiata torva:
«Queste parole vi andranno di traverso, Villiers.»
Quando si faceva riferimento ai vizi di Filippo d’Orléans non si aveva
che l’imbarazzo della scelta. La sua parentela con il Re di Francia lo
rendeva il primo in linea di successione, dopo i figli di Sua Maestà Cristianissima: il fatto che questi fossero morti uno dopo l’altro in tenera
età aveva regalato al Duca appassionato di alchimia la fama di avvelenatore. Una fama che preoccupava il Duca di Savoia, vista la fine che
aveva fatto suo nonno, e che aveva messo sul chi vive Gropello, dunque
anche Gustìn.
Una fama che non era nemmeno la peggiore, e le parole di Villiers lo confermavano. Gli agenti di Gropello vicini alla corte avevano dato
dettagli più precisi: nelle cave di Vanves e Vaugirard, il Duca e alcuni
altri compivano riti sacrileghi con l’intenzione di evocare il Diavolo.
Era un comandante valoroso e intelligente, e lo aveva dimostrato
qualche anno prima, nella guerra della Grande Alleanza. Re Sole aveva
pochi generali abili, eppure aveva aspettato quasi quattro anni per inviare
suo nipote sul campo di battaglia. Perché?
La risposta non poteva che essere una: perché diffidava di lui.

(la Città dell’Assedio)

L’immagine in testa al post raffigura il Duca d’Orleans.