L’11 luglio il duca d’Orléans si prepara a partire per la Lombardia, dove assumerà il comando dell’armata e cercherà di contenere i movimenti del Principe Eugenio. Prima di andare via, convoca un consiglio di guerra in cui si fa il punto della situazione. La decisione più importante riguarda l’Opera a Corno, messa a protezione di Borgo Dora e di Vanchiglia, e che finora è stata oggetto di ripetuti bombardamenti.
Il consiglio di guerra stabilisce di concentrare gli attacchi sulla Cittadella e di occuparsi delle fortificazioni sabaude a nord solo per difendersi da eventuali attacchi durante l’avvicinamento delle trincee al Bastione San Maurizio.
Il duca d’Orléans formula un’ipotesi ragionevole sulla conquista di Torino: entro il 15 settembre. Molto meno ottimistica di quella dell’alto comando francese, che inizialmente aveva calcolato in circa 50 giorni il tempo necessario per la presa della città. Ne sono passati 60 e gli assedianti sono ben lontani dall’obiettivo.
SPOILER: Alla luce dei fatti, possiamo dire che l’ipotesi del Duca d’Orléans era davvero azzeccata: sappiamo infatti che il giorno della battaglia di Torino, il 7 settembre, gli assediati avevano polvere da sparo a sufficienza per sparare qualche salva di festeggiamento. Se il principe Eugenio fosse arrivato il 15 settembre, avrebbe probabilmente trovato Torino in mano francese.
Sugli spalti si posizionano sei mortai appena usciti dalla fonderia. I soldati di entrambi gli schieramenti sono continuamente minacciati dal pericolo dato dalla pioggia di pietre scagliate dai mortai chiamati appunto “petrieri”: il più grosso di questi ha un diametro di diciotto pollici e spara più di due carrettate alla volta.
Continua, da una parte e dall’altra, il lancio di bombe e pietre. In due sole notti l’esercito sabaudo perde più di sessanta uomini.
L’immagine in testa al post raffigura la sezione di una batteria d’assedio per mortai illustrata nel “Traité de l’attaque des places” di monsieur Vauban.