Gli scavi francesi in prossimità del fossato erano chiaramente in preparazione di un assalto. Questo avviene la notte tra il 4 e il 5 agosto: un assalto lanciato “con gran furore”, raccontano le cronache.

Verso le 9 di sera, quattro colpi di cannone danno il via alle ostilità. Sono il segnale con cui i granatieri francesi partono all’assalto “alla baionetta”. La strada coperta, ossia lo spalto creato dal dislivello tra il piano di campagna e il bordo del fossato, viene conquistata, così come vengono conquistati anche i “cofani” di legno fatti mettere dagli alti comandi a maggior protezione dei difensori. Dodici ingegneri militari insieme a un gran numero di guastatori segue l’ondata d’assalto per iniziare i lavori di trinceramento e rendere stabili le posizioni appena conquistate.

Tutto questo avviene sotto un furioso fuoco di moschetteria e di artiglieria da parte degli assediati. Due ore prima dell’alba, poi, la Cittadella lancia il contrattacco, respingendo i francesi da quasi tutte le posizioni, eccetto due angoli davanti al bastione S.Amedeo. Vengono riconquistati anche i cofani, ma visto che è impossibile mantenerli vengono abbandonati e bruciati, in modo da renderli inservibili anche per i nemici.

La giornata trascorre senza altri eventi militari rilevanti. Nel frattempo La Feuillade perfeziona l’accerchiamento della città, facendo costruire un ponte di chiatte sul Po che blocca anche i rifornimenti fluviali. La chiusura delle strade della collina è un problema. Su questo punto abbiamo un’abbondanza di fonti storiche a conferma. Partiamo dai verbali della Congregazione: il Sindaco Nomis di Valfenera riferisce che:

“li macellari cominciano a scarseggiare di carni, e che la maggior parte non hanno provisione [scorta] e per la settimana ventura alcuni chiuderanno affatto bottega, et altri non haverano la provisione sufficiente”.

Per rimediare, il Consiglio Comunale ordina di cominciare a far macellare il bestiame fatto radunare prima dell’inzio dell’assedio nei prati di Vanchiglia.

In merito all’inizio della carestia, così scrive il Solaro della Margarita:

“il caro viveri cominciò a dare affanno a tutti, e la fame si fece temere dai miserabili, così al timore delle distruzioni si veniva ad aggiungere quello delle sofferenze. Su questo i Signori della Città, con caritatevole attenzione, regolavano i prezzi delle derrate alimentari nel miglior modo possibile, e soccorrevano i poveri con una distribuzione quotidiana di pane”.

E il Tarizzo:

“Nel principiare d’Agosto, col chiudersi delle strade al di là del Po, mancò alla città tutta quella abbondanza di viveri, onde s’erano appena sentiti que’ disaggi, che seco portano i lunghi assedi: e parerà difficile a credersi, che mentre visibilmente erano inevitabili, siansi felicemente riparati, e tenuti addietro, essendosi in questa parte distinta l’industria e la diligenza del Conte Fontanella Vicario, e Intendente Generale della Politica di questa città”.

L’immagine in testa al post è tratta nuovamente da “la vera storia di Pietro Micca”, pubblicata nel 1969 sul Corriere dei Piccoli.