Siamo all’8 settembre 1706, la battaglia decisiva si è appena combattuta e subito la Congregazione si riunisce per iniziare la lunga, lunghissima opera di ritorno alla normalità.
La prima urgenza, testimoniata nei verbali, è “fare seppellire con ogni diligenza, et acuratezza li cadaveri esistenti alla
campagna detta della Madonna, e Lusent, et altri siti nel territorio di questa città, ove è seguita la battaglia hieri, et tutto all’intorno della medema città, e cittadella”.
Occorre organizzare squadre di lavoro, con tanto di carri e carrette, e procedere in fretta, perché di tutto ha bisogno una
Torino fiaccata dall’assedio, tranne che di un’epidemia.
Poi bisogna riaprire i canali bloccati dai francesi per impedire l’accesso dell’acqua in città, e ripavimentare le strade (era stato tolto l’acciottolato per impedire il rimbalzo delle palle di cannone nemiche).
E’ anche il momento di fare i conti della guerra. Ho trovato particolarmente impressionanti i numeri delle artiglierie sabaude. In quattro mesi d’assedio hanno tirato contro i francesi quasi 62000 pietre, 7000 bombe, 1500 granate scagliate da mortaio, 73600 colpi di cannone, 30000 colpi di mitraglia e quasi 41000 granate a mano (dati forniti dal Tarizzo). E tutto questo tenendo conto che si aveva poca polvere da sparo a disposizione!
Non ho i numeri del corrispettivo francese, ma non è difficile immaginare che fossero ben superiori, visto che gli assedianti non avevano problemi di scorte in esaurimento.
Nell’immagine, ho scelto un altro dipinto del Gonin raffigurante un momento della battaglia del 7 settembre.