L’assedio francese è terminato, Torino è libera, il Ducato di Savoia salvo. Adesso è il tempo di ricostruire. L’urgenza dei primi giorni è stata quella di seppellire i morti, com’è ovvio. I bilanci dell’assedio di Torino dicono che i francesi hanno perso 15000 uomini tra morti, feriti e disertori: un’immensità.
Il 16 settembre il Duca Vittorio Amedeo II decide per un atto di generosità nei confronti dei propri disertori, a patto che si ripresentino ai propri battaglioni (per gli altri è ancora previsto l’arresto). Ecco il testo della dichiarazione: è da notare che il perdono vale solo per i soldati di fanteria, non per quelli dei corpi d’èlite (cavalleria e granatieri)…
“La vittoria dovrebbe muoverci a far sentire li dovuti castighi a quelli che se ne sono resi meritevoli col non contribuire secondo loro dovere al nostro servitio: tuttavia volendo far sentire a medesimi li effetti della nostra clemenza; quindi è che per il presente accordiamo una amnistia assoluta a tutti li soldati di fantaria delle nostre truppe del delitto di disertione da’ medesimi commesso, purchè fra giorni venti dopo la publicatione di questo si rendano al loro corpo e compagnia da’ quali hanno disertato, rispetto a quelli che ponno ritrovarsi nei nostri Stati, e quanto alli absenti da detti nostri Stati fra un mese, e dovranno consignarsi alli ufficiali loro[…]. Spirati detti rispettivi termini dichiariamo qualonque de sudetti desertori di fanteria, che non havrà goduto di questa amnistia escluso intieramente dal poterne gioire in avvenire […].”
Sempre il 16 settembre la Congregazione torna a riunirsi a Palazzo di Città, per alcune decisioni urgenti, tra cui approvare le spese straordinarie per il seppellimento dei soldati (e dei cavalli) morti in battaglia e negli ospedali cittadini nei giorni successivi. Nella stessa seduta viene stabilito di concedere la cittadinanza onoraria al conte von Daun, che sta per lasciare la città e tornare in Austria. L’assedio di Torino è terminato ma la guerra di Successione Spagnola continua e i generali migliori servono altrove.
Il 17 settembre, invece, vengono stabiliti i compensi per i mastri operai incaricati della ricostruzione, e per quelli che hanno effettuato opere urgenti durante i mesi dell’assedio, dopo di che “si nomina don Marco Mochino in sostituzione di don Gibellino, curato della chiesa di Superga, licenziatosi dal suo incarico, la cui casa era stata saccheggiata dai Francesi durante l’assedio”. Infine viene dato un premio in denaro al signor Giuseppe Chiaves e i suoi aiutanti Gaspare Forte e Pietro Massa, che per tutta la durata dell’assedio si sono appostati con un cannocchiale sulla torre di S.Andrea (il campanile della Consolata) per sorvegliare e riportare i movimenti nemici 24 ore su 24.
Il 20 settembre, ancora nella riunione della Congregazione, il sindaco conte Nomis di Valfenera riferisce il desiderio del Duca di Savoia, comunicato attraverso padre Sebastiano Valfré, che la città renda grazie alla Vergine attraverso “qualche divotione pubblica straordinaria in avvenire in memoria“, per la benevolenza rivolta a Torino e ai torinesi per tutta la durata dell’assedio. sia attraverso l’esposizione del Santissimo Sacramento nella chiesa del Corpus Domini, sia con la celebrazione del Te Deum Laudamus.
Si stabilisce inoltre a 5 lire al giorno (a cui va aggiunto l’affitto dei cavalli) la retribuzione per coloro che si occupano della sepoltura dei cadaveri e della pulizia dei canali. Uno stipendio decisamente appetitoso, se si pensa che 1 lira al giorno era il corrispettivo di quanto guadagnava quotidianamente un artigiano di buon livello.
L’immagine fotografa l’editto con cui Vittorio Amedeo II concede l’amnistia ai soldati disertori.