La chiesa di Sant’Agostino risale, nella sua struttura originaria, al XI secolo come culto dedicato ai Santi Apostoli Giacomo e Filippo. Nel 1415 i documenti catastali le riconoscono lo status di parrocchia, facendola quindi rientrare al centro delle ripartizioni amministrative cittadine.
Nel 1548 la chiesa si trovava in uno stato di degrado. L’ordine degli Agostiniani Calzati, che l’aveva avuta in cessione, cominciò a costruirvi un convento dedicandolo a Sant’Agostino.
Passarono 20 anni e Torino cominciò a cambiare volto grazie a Emanuele Filiberto di Savoia, che la elesse sua capitale. Era l’epoca in cui nelle città nascevano le Confraternite e si diffondevano gli ordini religiosi che, oltre alla lotta all’eresia, diedero forte impulso alla ricostruzione e al restauro delle chiese. La chiesa di Sant’Agostino fu ultimata verso la fine del secolo, ma in quelli successivi continuò a essere oggetto di lavori di abbellimento, grazie al finanziamento di benefattori privati.
Sant’Agostino è nota per il suo legame con una categoria di lavoratori un po’ particolare. Qui, infatti, sotto il campanile, venivano seppelliti i boia. E sempre qui, nella chiesa, i boia avevano un loro banco da cui poter assistere alla funzioni. A parte, dal momento che nessuno voleva sedersi vicino a loro.
Era uno strano destino quello dei carnefici. Necessari all’ordinamento dello stato, indispensabili per l’esecuzione della giustizia dell’epoca, erano dopotutto sudditi che facevano il loro dovere come tanti e che punivano qualcuno che, in fondo, il suo dovere non l’aveva fatto. Eppure erano disprezzati e odiati come se “i cattivi” fossero stati loro.
L’isolamento in chiesa non era che una parte di tutto quello che il carnefice doveva subire nella sua vita quotidiana.
Una curiosa leggenda fa risalire proprio ai boia il motivo della nascita del cosiddetto pancarré. I panettieri erano talmente sfacciati nel loro disprezzo che, sembra, si rifiutassero di servire il boia, al punto da obbligare lo stesso duca di Savoia a intervenire obbligandoli a fare il loro mestiere… così come il boia faceva il suo. I panettieri reagirono servendo al carnefice il pane rivoltato al contrario. Nuovo intervento del duca a vietare quell’ennesimo gesto di spregio. Ed ecco che i panettieri inventarono un pane a forma di mattone che si potesse rivoltare senza che nessuno avesse nulla da obiettare.
Leggenda o no, fare la spesa era sempre piuttosto complicato per il boia e la sua famiglia: sembra che i negozianti della zona fossero provvisti di una scodella in cui sciacquare il denaro del boia! Perfino per autorizzargli il pagamento i documenti venivano firmati coi guanti e spostati con le pinze dei camini.
In un sepolcro attiguo al chiostro erano sepolti coloro che erano defunti nelle carceri, prima o dopo la sentenza che fosse: in questo modo, il semplice fatto di trovarsi in prigione al momento della morte portava a seppellire nello stesso luogo colpevoli e innocenti, uno accanto all’altro. E a pochi passi da dove veniva seppellito il loro carnefice. In un’epoca dove superstizione e religiosità avevano un loro pesante simbolismo, difficile pensare che questo fosse un caso.
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