Torino ed il cioccolato,sono legati da tempo.
Il cioccolato arrivo’ in Europa, al seguito dei conquistadores spagnoli, alla meta del Cinquecento. Presso i Maya era considerato cibo degli dei ed il suo consumo riservato soltanto ad alcune classi della popolazione: i sovrani,i sacerdoti,i guerrieri e come bevanda veniva usato nelle cerimonie religiose. Dalla corte di Carlo V il cioccolato e i semi di cacao, si diffusero nel resto d’Europa. In Italia arrivarono, grazie al duca Emanuele Filiberto di Savoia, a metà del Cinquecento. Infatti i matrimoni dei Savoia con le Infante di Spagna e con principesse francesi portarono con sé anche trasferimenti di cuochi, pasticceri e cortigiani , in questo modo Torino, in breve tempo, divenne una delle capitali europee della lavorazione del cioccolato.
Nel 1678 Antonio Arri ebbe il permesso reale per vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda ,per sei anni. Fu il primo ad ottenere il permesso ed a fare del cioccolato una bevanda pubblica,presto altri lo avrebbero seguito. Nel giro di pochi anni le botteghe torinesi arrivarono a produrre quantità consistenti di cioccolato, in parte anche destinati all’esportazione. Il vero e proprio boom della cioccolata a Torino si ebbe nel 700. E’ infatti in quel periodo che nacquero e si diffusero in città i primi caffè, che divennero parte della vita quotidiana e culturale torinese . E’ nel ‘700 che gli artigiani del cioccolato iniziarono ad arricchirsi, tra il disprezzo dell’aristocrazia e della borghesia cittadina, che rimproveravano loro la ricchezza non accompagnata da un’adeguata educazione, tanto che il termine “cioccolataio” ha acquisito una accezione dispregiativa.
(Maria Marques)

Mi collego a questo approfondimento che arriva dalla lettura condivisa della Città dell’Assedio da parte del Gruppo Facebook di Thriller Storici e Dintorni, per approfondire a mia volta sulla espressione tipicamente torinese “fare una figura da cioccolataio” (“fè na figura da ciculatè”), ossia fare una brutta figura.

Alberto Virgilio, nel suo libro “Voci e cose del vecchio Piemonte” del 1917, racconta che sotto il regno di Carlo Felice di Savoia c’era un mastro cioccolatiere talmente ricco da potersi permettere una carrozza più lussuosa di quella del sovrano stesso. Quest’ultimo, alquanto irritato, convocò l’artigiano a corte imponendogli di ostentare abitudini più modeste, perché “il Re di Sardegna, Cipro e Gerusalemme non può fare la figura del cioccolataio quando esce in carrozza!”