All’epoca di Laura e Gustìn era previsto che ciascuno vestisse in maniera adeguata al suo rango sociale: la vita quotidiana dell’epoca riconosceva in modo marcato gli “status symbol” dell’abbigliamento, ma anche la foggia della parrucca maschile e femminile, e i famosi nei di bellezza applicati sul volto delle dame indicavano il rango e l’età.
Gli abiti femminili dovevano esaltare l’ideale di bellezza femminile, che prevedeva seno prosperoso, fianchi stretti e bacino largo. Le donne dell’epoca quindi indossavano corpetti scollati e molto attillati, che stringevano e gonfiavano nei punti giusti, e gonne lunghe e gonfie (con l’aiuto di sottogonna o dei famosi ‘guardinfanti’, vere e proprie gabbie che costringevano le donne a ingegnarsi per entrare da una porta o sedersi in una carrozza).
Gli uomini portavano lunghe giacche e braghe al ginocchio aderenti,con calze di seta e una specie di gilet o sopravveste.
In genere si preferivano stoffe chiare a fiorami abbellite da bordature e trine al collo e ai polsi, da nodi di nastro o velluto, da mazzolini di fiori. Indossavano scarpe di vernice con fibbie e tacchi alti (cosa che caratterizzava la postura anche maschile!)
Le mantelle erano di seta o lana, chiuse con nastri.
Ai tempi della Città delle Streghe c’erano notevoli differenze nel vestiario non solo tra aristocratici e popolani, ma anche tra torinesi e francesi. Arrivando a Torino per Laura dev’essere stato sorprendente notare quanto fossero modesti gli abiti dei ricchi. A dettare la moda erano infatti i regnanti, e il Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, disapprovava gli eccessi dell’estetica contemporanea. Lui stesso, si dice, vestiva in modo tutt’altro che sfarzoso.