Questa piccola chiesa che, da fuori, non sembra una chiesa si trova nel pieno centro di Torino, a pochi passi dal palazzo Reale. Chi mai immaginerebbe, varcando la soglia non diversa da quella dei palazzi vicini, di entrare in un capolavoro del barocco torinese?
Facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo al 10 agosto 1557: nella battaglia di San Quintino, il duca Emanuele Filiberto sconfigge l’esercito francese e consolida l’egemonia dei suoi alleati spagnoli.
Il 10 agosto, come ben sappiamo d’estate quando andiamo in cerca di stelle cadenti, è il giorno di San Lorenzo, ed è proprio a San Lorenzo che Emanuele Filiberto e il re di Spagna Filippo II fanno voto di dedicare un luogo di culto.
Il Duca di Savoia torna a casa, soffocato dai costi della costruzione della Cittadella e di riorganizzazione del suo stato che sposta la capitale proprio a Torino, non ha risorse a sufficienza per costruire una chiesa nuova. Decide così di dedicare a San Lorenzo la preesistente chiesa di Santa Maria ad Presepae. Non certo un ripiego, però, dal momento che si tratta della Cappella Ducale.
Emanuele Filiberto continua a dimostrare grande devozione per questo luogo di culto. Nel 1572 vi costituisce la sede dell’Ordine cavalleresco dei Santi Maurizio e Lazzaro. Nel 1578 è qui che avviene la prima ostensione della Santa Sindone, con una messa solenne celebrata il 10 ottobre dall’arcivescovo Carlo Borromeo (e a cui partecipa anche il poeta Torquato Tasso, in visita a Torino).
Ceduta nel 1634 ai padri teatini, essi ne deliberano la costruzione affidando i lavori al più famoso architetto dell’epoca (che, manco a dirlo, è uno di loro): Guarino Guarini.
La prima cosa che colpisce dell’impianto guarinano giunto fino a noi è l’assenza della facciata. Che era presente nel progetto originario, ma che i Savoia bocciarono per non snaturare l’aspetto “omogeneo” della piazza Castello. E’ quindi la cupola a ‘emergere’ dalla piazza e che ci fa capire che siamo in presenza di una chiesa. Una cupola dalle caratteristiche eleganti ma anche un po’ inquietanti: a illuminarla infatti sono otto finestroni di forma bizzarra che, visti dal basso, sembrano comporre dei volti con tanto di occhi, naso e bocca spalancata. Non è tutto: dal profilo interno della cupola si intravede la famigerata stella a otto punte che spesso viene associata ai rituali di magia.
Tutta l’architettura sembra giocare sulla ripetizione dei numeri 4 e 8. L’8 è associato all’ottavo giorno, quello della resurrezione di Cristo e dell’uomo, dell’eternità dello spirito. Il 4 invece richiama i quattro elementi, il mondo terreno, fisico e tangibile. Non può essere un caso. Qualcuno dice che il Guarini appartenesse alla Massoneria…
Di certo il prete-architetto costruì la chiesa del suo ordine seguendo una concettualità molto precisa, guidata dai giochi di luce. Non è un caso che la parte alta sia luminosa e quella bassa tetra. E certo non è un caso che sotto le volte delle cappelle laterali ci sia una stella a sei punte con un oculo che rimane sempre al buio, tranne che in occasione degli Equinozi di Autunno e Primavera quando, verso mezzogiorno, i giochi di luce rivelano affreschi che raffigurano Dio Padre e Cristo in atto di benedire dipinti negli oculi delle cappelle a destra e sinistra dell’altare. Mentre, di primo mattino nello stesso giorno, sempre la luce svela altri due oculi nelle altre cappelle laterali.
Guarino Guarini era prete, architetto, forse massone, e senz’altro appassionato di astronomia: con questi giochi di luce intendeva sottolineare il messaggio di fede rendendolo evidente solo in certi momenti dell’anno.
Il resto della chiesa spicca per l’opulenza tipicamente barocca, ma anche giustificata dal fatto che nel 1700 questa era una delle chiese preferite dalla nobiltà più altolocata, che ne manteneva la vocazione originaria di Cappella Ducale.
L’immagine della cupola è tratta da wikipedia, quelle dell’esterno e dell’interno della chiesa dal sito Museotorino.