Verso la metà del 1600, il Piemonte usciva da un periodo tremendo, a causa delle guerre con la Francia, delle guerre civili e della peste. Carlo Emanuele II, successore di Vittorio Amedeo I (morto, pare, avvelenato per mano francese), cercò di risollevare le sorti del suo regno in vari modi, da una parte per aumentarne il prestigio agli occhi delle corti straniere, dall’altra per calmare il malcontento dei suoi sudditi e risvegliare l’orgoglio sabaudo.
Sotto il suo governo si compì l’importante estensione architettonica della città verso sud-est, con la costruzione di via Po e di tutta la Città Nuova. Questo ampliamento mise a disposizione dei Savoia molto spazio edificabile in cui realizzare edifici dallo scopo sia governativo che di rappresentanza.
Il progetto di Amedeo di Castellamonte prevedeva che da Palazzo Reale partisse una lunga manica di edifici: la Segreteria e gli Archivi di Stato, un Teatro, l’Accademia Reale, le Scuderie Reali e la Zecca di Stato. Non tutto venne costruito subito, com’è ovvio: per vedere il Teatro delle Feste, poi Teatro Regio, bisognerà aspettare i tempi del nipote di Carlo Emanuele II, Carlo Emanuele III.
Malgrado incendi, bombardamenti e ricostruzioni abbiano cambiato parte dell’impianto iniziale, esso rimane ben visibile nella Torino di oggi, in piazza Castello e lungo via Verdi, che all’epoca si chiamava Contrada dell’Accademia in onore dell’edificio più importante che vi si affacciava.
Di tutto il progetto castellamontiano l’Accademia Reale fu la prima a essere realizzata, ma il povero Carlo Emanuele II non ebbe il tempo di vederla. Fu infatti inaugurata nel 1680, cinque anni dopo la sua morte.
L’intenzione del Duca, per questo edificio, era di ospitare la nobile gioventù della corte ma anche di paesi stranieri “per ammaestrarli in ogni sorta d’arma, dei cavalli, della danza, delle matematiche e delle belle lettere”. Proprio così: gli allievi dell’Accademia imparavano letteratura, storia, geografia, disegno, matematica e lingue. E al contempo venivano educati ad andare a cavallo, danzare e tirare di spada, a costruire e difendere fortificazioni, a utilizzare le artiglierie. Una vera e propria accademia di formazione per i membri della future classe dirigente sabauda, in ambito governativo e militare. Non solo sabauda, però: l’Accademia formò gentiluomini provenienti dall’aristocrazia della Repubblica di Venezia e dello Stato Pontificio, ma anche dall’estero (in particolar modo russi, polacchi, inglesi, tedeschi, austriaci). Qui, negli anni, studiarono personalità del calibro di Vittorio Alfieri e del conte Camillo Cavour.
Da quanto vediamo nei progetti e nelle poche fotografie di repertorio, l’Accademia era un edificio elegante e austero, costituito da tre ali che formavano un grande cortile interno, chiuso sul quarto lato da uno dei bracci delle scuderie.
Nei suoi due secoli di vita l’Accademia subì continui adeguamenti in funzione dei tempi e delle esigenze. Si specializzò nella sua vocazione militare e da Accademia Reale divenne Accademia Militare. Danneggiata dai bombardamenti militari della Seconda Guerra Mondiale, fu trasferita in Emilia… e lì rimase. Ciò che rimaneva del complesso fu poi abbattuto nel 1959 per fare posto all’attuale Teatro Regio. Delle vecchie scuderie rimangono gli edifici della Cavallerizza Reale, che seppure ‘mutilata’ rispetto all’impianto originario, è pur sempre Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO.
Se ci capita di passeggiare lungo la piccola via Verdi, costeggiando il Teatro Regio, proviamo a immaginare spazi più ampi ed edifici imponenti: perché in quei luoghi che oggi non esistono più si sono formati migliaia di dirigenti e ufficiali dello stato sabaudo, e poi italiano.
L’immagine in testa al post è tratta da Museo Torino.