Vi siete mai chiesti come poteva apparire la Torino di inizio 1700?
La città che si prepara ad affrontare l’assedio, ultimo atto di un braccio di ferro tra il Duca di Savoia e il Re di Francia, è reduce da alcuni decenni di grandi cambiamenti. Le case medievali erano state sventrate e abbattute per fare posto a case da reddito alte quattro o cinque piani, d’architettura semplice e severa, ma anche a grandiosi palazzi. Il crescente splendore dei Savoia, una stagione avviata da Emanuele Filiberto con lo spostamento della capitale da Chambery, attirava gli antichi nobili piemontesi che abbandonavano i loro castelli per scendere in città. Compravano (o ricevevano in dono dal Duca) terreni nelle aree di ampliamento oppure un gruppo di fetide case della città vecchia, che abbattevano per ricavare un’area fabbricabile. Poi c’erano i magistrati, i ministri, i ricchi borghesi che non volevano essere da meno dei nobili di antica nomina: compravano un feudo e ottenevano un titolo. E a quel punto anche loro dovevano avere un loro palazzo.
Per gli architetti dell’epoca fu un periodo di splendore. Disegnarono appartamenti di eleganza sopraffina, ricchi di stucchi, soffitti affrescati, specchiere e dorature.Le abitazioni vennero sopraelevate, e dalle logge dei piani superiori nacquero i portici sottostanti. Al piano terra sovente trovavano posto negozi, botteghe e osterie. Al primo piano risiedevano quelli importanti (non a caso si parla di “piano nobile”) e poi via via crescendo le persone più povere e umili. Le soffitte oggi tanto apprezzate per il panorama, erano il tipico ricovero degli squattrinati.Sovente si potevano trovare botteghe di mestieri simili una accanto all’altra, tanto da dare il nome alla via (degli Argentieri, dei Panierai, dei Mercanti…). Quella che oggi sembrerebbe una scelta poco opportuna, rispondeva all’esigenza degli esercenti di uno stesso mestiere di unirsi in corporazioni o (come le si chiamavano a Torino) università.
I governanti della città intervennero per spostare alcune categorie di lavoratori in aree di periferia: i macellai e i conciatori, per esempio, erano concentrati nella zona di Borgo Dora. Si trattava di mestieri particolarmente sgradevoli, con lavorazioni che diffondevano odori pestilenziali nei dintorni.Le condizioni di vita nelle case da reddito erano pessime. Immaginiamo famiglie con cinque, sei, a volte anche più di dieci figli, ammassate in monolocali di pochi metri quadri, senz’acqua corrente né gabinetto, con giacigli promiscui. Le scarse condizioni igieniche e la povertà diffusa favorivano rachitismo e infezioni.Aggiungiamo che queste case sorgevano sopra quelle medievali, che erano di due massimo tre piani per non sottrarre la luce alle vie. Con i piani che diventavano quattro o cinque, possiamo immaginare vie molto buie a qualunque ora del giorno, specie nella Città Vecchia (quella che, per intenderci, corrisponde all’odierno Quadrilatero). Nei quartieri nuovi le regole di costruzione erano più attente e rispettose… oggi parleremmo di “sostenibilità”.
La Torino di inizio 1700 era ricca di cortili, spesso alberati, e di orti. Con l’espansione dei decenni successivi, i cortili scomparirono per necessità edilizie. Non dimentichiamo infatti che la città era chiusa dalle mura possenti che impedivano qualunque espansione, a meno di farla fuori città. Il che non era un’opzione accettabile per nobili e nuovi ricchi.
Un’altra cosa abbondava nella Torino barocca. Chiese, conventi e campanili. Almeno uno per quartiere. La grande numerosità di campanili, unita a quella di torri e torrette di epoca medievale, dava una sensazione particolare a chiunque si avvicinasse a Torino. In fondo, erano i grattacieli dell’epoca!