Mentre si avvicinavano alle mura, Rosina indicò un edificio di mattoni con due torri possenti e numerose finestre ad arco. Quattro passaggi, due più grandi per i carri, due più bassi e stretti, erano stati murati di recente, così che l’edificio sem-brava parte delle mura.
«Sono le “Porte Palatine”. Fino a due anni fa in città entravamo da lì.»
«Sembrano molto antiche» osservò Laura.
«Si dice che esistano dai tempi di Gesù, e che ci dormì Ponzio Pilato.»
«Ponzio Pilato?»
Rosina prese un lungo respiro prima di rispondere: «Dovrai abituarti a sentire le leggende più strane qui a Torino: non preoccuparti di quelle inoffensive, le altre tienile sempre a mente. Non sai mai quando ti potrebbero servire.»

(La Città delle Streghe)

Le Porte Palatine risalgono alla Torino romana. Erano infatti la “Porta Principalis Dextera” che consentiva l’accesso da nord alla Augusta Taurinorum. Ai tempi di franchi e longobardi la dimora dei signori della città si trovava a poca distanza, ragione per cui la porta prese il nome di Palatina (il “palatium” era la sede del conte franco). Con il passare dei secoli l’addossarsi di altre strutture ne cambiò via via la funzione. Nel 1519, ai tempi della rivoluzione protestante, un decreto fece affiggere un occhio con il monogramma di Cristo (X) per annunciare che Torino rimarrà sempre cattolica. L’apertura, all’inizio del 1700, della nuova “Porta di Palazzo” in Piazza della Frutta fece correre alle Porte Palatine il rischio della distruzione. Per fortuna, l’ingegnere militare Antonio Bertola (che conoscerete nel prossimo romanzo ^_^) convinse il Duca di Savoia a trasformarlo in carcere: le celle erano nelle torri, gli alloggi dei custodi nell’interturrio.


Oggi le Porte Palatine sono all’interno di un’area archeologica dedicata, e meta perfino dei tour della “Torino Magica”: si dice infatti che il luogo sia infestato dagli spettri di antichi condannati, e che a volte sia possibile sentire un forte profumo di fiori… anche quando non ci sono fiori in vista nelle vicinanze!