Le uniformi, oggi come allora, contraddistinguevano grado e reggimento, anche se esisteva un’eccezione che consentiva agli ufficiali (sempre membri dell’aristocrazia) di vestire a proprio piacimento. Va detto che con tutta probabilità gli ufficiali stessi scegliessero abiti di colori che richiamassero quelli del reggimento che comandavano.
Sono state documentate le consegne dei capi d’uniforme ai vari corpi d’armata alla fine del 1705 e all’inizio del 1706, per cui è facile ricostruire l’aspetto dei soldati dell’epoca.
L’uniforme era costituita dalla giacca, lunga e pesante (di lana grezza) e dotata di paramani, chiamata “giustacorpo”, da indossare sopra una veste di tessuto più leggero, una camicia di tela bianca senza colletto, una cravatta bianca e pantaloni, detti calze, lunghi fino ai polpacci, coperti a loro volta da calzini di lana. Le scarpe erano basse e nere, con una fibbia di metallo. All’epoca non si distingueva ancora tra piede destro e sinistro e le scarpe avevano la stessa identica forma non modellata per il piede che le calzava. I granatieri avevano i polpacci protetti da ghette dette “bottine”, che si allacciavano di lato con fibbie di metallo.
I diversi corpi d’armata si distinguevano per i colori delle varie parti dell’uniforme. Il sito Bandiere Sabaude, da cui ho attinto per le immagini di questo articolo, ha fatto un’efficacissima ricostruzione.
Sia il reggimento di fanteria Savoia che quello Aosta, per esempio, avevano il giustacorpo grigio, ma mentre il primo aveva i paramani, la veste, i calzoni e le calze blu, il secondov li aveva rossi rossi.
Per inciso, la maggior parte dei corpi di fanteria aveva giustacorpo grigio anche perché era il colore naturale della lana e non richiedeva costi aggiuntivi di tinteggiatura. Praticità e rigore sabaudi…
I reggimenti di cavalleria, così come quelli dei dragoni e quello delle Guardie del Corpo, avevano uniformi più curate e appariscenti. I reparti a cavallo indossavano stivali con gli speroni infissi nel tacco, mentre i dragoni, che per il loro utilizzo dovevano combattere sia a piedi che a cavallo, sostituivano agli stivali le bottine da granatiere per maggior protezione.
Il copricapo era per la maggior parte dei casi il famoso “tricorno” di feltro annerito: le tese rialzate erano orlate da un bordo di pelle di capra bianco per i soldati, oro o argento per i graduati. I granatieri e i minatori, per praticità, sostituivano al cappello una specie di berretto di lana a punta, il “bonetto”, forse del colore del reggimento e col bordo rivoltato ornato a volte di pelliccia.
I fanti indossavano un cinturone di cuoio a cui fissavano il fodero della baionetta, e una bandoliera, sempre di cuoio, a tracolla della spalla sinistra a cui era appesa la giberna con i cartocci delle munizioni e gli attrezzi per la manutenzione dei fucili. La bandoliera dei granatieri era un po’ più larga per appendervi anche alcune granate a mano, l’acciarino per accendere la miccia e a volte una piccola ascia. I sottufficiali non portavano né giberna né baionetta, ma una spada e a volte di una alabarda corta (“la sergentina”), gli ufficiali una spada e una lancia come segno distintivo del grado.
I dragoni avevano in dotazione una piccola ascia e una pistola, guardie del corpo e cavalieri due pistole, gli ufficiali e i sottufficiali di cavalleria non avevano armi in asta, ma pesanti sciabole.
Un cenno finale lo merita il corpo d’artiglieria nel quale, lo ricordo, era compresa la compagnia dei minatori comandata dal coraggioso capitano Andrea Bozzolino e di cui faceva parte Pietro Micca. Ecco dunque come possiamo immaginare il nostro eroe torinese, che è effettivamente anche il modo con cui viene raffigurato: in uniforme interamente blu, a eccezione di camicia e calzini bianchi, con in testa il bonetto al posto del tricorno, troppo scomodo da usare sotto le gallerie.
EDIT: dall’amico Massimo Grassi, rievocatore in diversi gruppi storici in ambito barocco (l’Armata del Duca, la Compagnia di Santa Brigida e occasionalmente Le Vie del Tempo), ho avuto qualche altro interessantissimo dettaglio su uniformi e dotazioni, che su sua concessione provvedo a riportare anche qui.
Come la maggior parte dei corpi di fanteria vestiva di grigio perché il colore della lana grezza, quindi meno costoso, i corpi scelti come le Guardie del Corpo e i Dragoni di Sua Altezza Reale vestivano di rosso, il colore più costoso.
I soldati tenevano i capelli lunghi raccolti a treccia sul collo per proteggersi dai fendenti della cavalleria. Per questa stessa ragione sotto il tricorno i soldati portavano una calotta di metallo: un vero e proprio elmo.
Con le prime paghe i soldati acquistavano un orecchino d’oro a forma d’anello. Sarebbe servito, in caso fossero caduti, a pagare la sepoltura. (Sventuratamente, aggiungo io, la pessima abitudine di depredare i cadaveri sul campo di battaglia rendeva spesso vano questo investimento).
I paramani venivano adornati di bottoni per evitare che i soldati, spesso provenienti dai ceti più umili della popolazione, si pulissero il naso e la faccia con le maniche. Ancora oggi le giacche da uomo hanno tre bottoni in verticale sulle maniche, a ricordarne l’uso. IInoltre i paramani potevano essere completamente rivoltati per proteggere le mani dal freddo.
L’artiglieria era un’arma paramilitare: gli ufficiali (sempre proveniente da famiglie aristocratiche o alto borghesi) spesso non erano di estrazione militare ma tecnica (ingegneri e architetti). Gli artiglieri erano gli stessi operai che all’Arsenale lavoravano alla produzione dei pezzi di artiglieria (cannoni e mortai). La scelta del colore dell’uniforme (blu scuro) era tutt’altro che casuale: serviva a nascondere un po’ lo sporco della polvere pirica bruciata che impregnava gli abiti. Per inciso, ancora oggi le mostre d’artiglieria riportano il nero ed il blu.
Grazie Massimo per questi aneddoti!