La città dell’assedio di Luca Buggio è un thriller storico che racconta le intricate vicende dei personaggi che abbiamo lasciato nel libro precedente “ la città delle streghe” Laura e Giustin, alle prese con un nuovo mistero.

E tutto sotto le mire francesi nella lunga guerra che assediò Torino nel 1706. Lo stile è fluido e al tempo stesso elegante capace di creare un vero e autentico patto interpretativo tra lettore e autore.

E tutto perché i personaggi sono ben delineati e tracciati nella loro complessità umana…….

Vi piacerebbe finalmente una recensione “normale?”

Vi piacerebbe che smettessi di raccontarvi le visioni oniriche ricavate dalla lettura e la poesia che il libro e il talento dell’autore riescono a infondere?

Mi spiace.

Cambiate blogger.

Io non posso non dipingere con le parole, ma senza la stessa bravura di Buggio, le sensazioni visive, tattili e emozionali che mi ha procurato immergermi in questo libro.

Accomodatevi, voi che restate, e provate a seguirmi in questo onirico viaggio.

E adesso iniziamo.

Vi avverto state per entrare in un affresco pieno di meraviglia.

Una delle frasi che ripeto più spesso quando mi chiedono a cosa serve il libro è tratta da una splendida canzone di Roberto Vecchioni

 

“per tutti quei ragazzi che difendono un libro un libro vero

cosi belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendoci il pensiero”

 

E purtroppo, è quello che vedo in ogni mio passo, in ogni mio incontro con il lettore e con l’uomo di oggi, pieno di illusioni ma mai di sogni, cosi assediato da tanti stimoli ma poca, troppo poca fantasia.

Ecco la parola chiave: ASSEDIO.

Mura fortificate minacciate da forze estranee, quelle che il nostro stesso animo non riconosce come accettabili per la sua crescita.

Assedio di immagini e mai di emozioni, di libri che parlano ma non raccontano, che narrano ma non comunicano, come canzoni stonata, senza ritmo e senza….essere chiavi.

Ho sempre pensato a libro come uno stargate, una porta delle stelle capace di aprire uno spiraglio verso una dimensione di luce.

Una realtà alternativa molto meno vicina alla nostra logica, ma capace di abbracciare i nostri sensi più nascosti.

Non tutti i libri sono capaci di creare questa magia.

Alcuni li leggi e ti scivolano addosso senza lasciare tracce.

Altri trasudano inchiostro, come sangue che cola sui nostri pensieri e li marchiano in modo indelebile.

Tornare da un viaggio simile è sentirsi stanchi ma con gli occhi ancora pieni di meraviglia.

O di orrore.

Con l’animo ricco di emozioni di amore, di odio e vendetta.

Ed è attraverso quei personaggi che inizi ad amare, quando riesci a fissarli non fai altro che rivedere te stesso.

La città dell’assedio inizia laddove la città delle streghe non è finita. Continua tessendo l’arazzo di una Torino diversa, meno conosciuta e più oscura, ma di uno oscurità brillante come i bellissimi racconti di Cheretien de Troyes.

Nei sotterranei di un città che si sveglia ciarliera, che continua la vita di ogni giorno, sotto le bombe dei francesi, si dipana una storia occulta fatta di antichi e strani riti, a volte blasfemi a volte potenti come è potente l’incanto delle antiche masche.

E sotto la luce del giorno si occulta la verità di una lotta millenaria di cui la guerra è solo la manifestazione più accettabile.

Forze che si incontrano e si scontrano in una danza macabra a impossibile da non osservare, perdersi nei movimenti veloci, ferini ed eleganti dei suoi guerrieri.

Di luce e tenebra rivestiti.

E cosi all’improvviso le pagine mi risucchiano e mi trovo a passeggiare per il Balòn.

Mi trovo a annusare i profumi celestiali di Laura.

Mi trovo a rabbrividire la notte quando sogni angosciosi dominano la mia mente, mentre Castore e Polluce soffiano verso un’ ombra tentacolare, ghignante.

Una storia che ci racconta come dietro la tranquilla routine si nasconde sempre il mistero.

Esistono due storie, una ufficiale e una più segreta, quasi tenebrosa quella che non vogliamo sapere e da cui ci difendiamo con una logica serrata e rigida.

E allora io so di essere negli occhi di Gustin, con la mia voglia di spiegare tutto, di riportare tutto alla razionalità.

Scappando dalle ombre, dalla sera che come una macchia di olio, si allunga su di me perché vuole divorarmi e riportami all’origine dei tempi, quando era solo un fuoco l’unica arma per difendersi dal demone. Allora non sono le bombe francesi a spaventarci.

Non è l’assedio “normale” della guerra a terrorizzare e far sparire le persone.

E’ una lotta che prosegue da secoli, laddove il toro che simboleggia forza resistenza e l’amore materno di una Dea che oggi chiamiamo Madonna, combatte contro il Drago dagli occhi di brace.

Un Drago che promette ai suoi servi la liberazione da ogni remora morale e da ogni responsabilità

E li benedice con viscere e sangue.

Con un potere illimitato.

Che li divora e li rende semplicemente meno uomini.

Perché l’essere umano senza compassione e empatia, non è che un pupazzo di cera.

Si muove per un meccanismo fatto di fili, manovrato da un ghignante demone fatto di scaglie, ogni scaglia un dolore.

Forse il Drago ha bisogno della vita, delle energie per risvegliarsi, perché da solo non può nulla.

E cosi la bella Torino, la città dei miei sogni a occhi aperti, fatta di antiche credenze, diviene il centro da cui solo noi possiamo decidere quale energia nutrire.

Se quelle della Madonna, madre e simbolo di empatia o dell’essere che sotto la sabbia striscia, spaventato dal sole e dalla brillantezza del bianco. L’Assedio è iniziato.

E sarà ancora più spaventoso perché occulto, segreto e difficile da osservare.

Perché osservando, io come Gustìn, dovrei rinunciare al mio cinismo, alla mia corazza fatta di scienza e raziocinio e ballare sotto la luna piena, la danza antica che tesse i destini degli uomini.

Dovrei ammettere che il mondo non si spiega.

Che alcune forze sono oltre il nostro umano sentire.

E forse capirlo significherebbe ritrovare la fede e essere cavalieri.

Gustìn uomo apparentemente semplice, è invece dotato di un coraggio indiscusso.

Lui aiuta il debole, ama la fragilità e ha una ferita profonda nel cuore. Ed è quella ferita che lui vuole far diventare corazza per proteggere il suo animo, che lo rende fantasticamente unano.

Ed è quello che lo fa nominare cavaliere.

 

“Ricordate quando leggemmo le cronache della Tavola Rotonda?» Maria parlava alle sue protette, ma Gustìn fece lo stesso un segno d’assenso con il capo, e poi si sentì sciocco. «Vi dissi che valenti cavalieri vivono nella nostra epoca, al servizio di giusti sovrani e giusti ideali. Ebbene, monsieur Augusto, che questa sera ci ha fatto l’onore di farci visita, è uno di quei cavalieri. Preghiamo perché continui a essere valoroso.»Le tremava la voce, impregnata di magia e dolcezza, e le sue parole erano capaci di cullare come un incantesimo. ”

 

Che meravigliose pagine!

Lette e rilette con occhi bagnati e sognanti, avvinti dalla musicale magia delle parole.

E con queste sia io che Gustin siamo tornati a noi stessi, alla consapevolezza di una responsabilità più grande, che nasce quando in certi momenti della storia, il pericolo è grande. E allora siamo tutti cavalieri che devono proteggere la vita, quando essa è messa in pericolo.

 

“«Ho vissuto molti anni in Scozia.»

«Avete scelto un momento poco felice per tornare.»

«Al contrario. Non sarei mai tornata, se non in una circostanza come questa.”

 

Perché ci sono momenti in cui dobbiamo per forza “tornare.

Le parole di Buggio mi ricordano quando da bambina volevo essere il cavalieri di Artù.

Non una principessa, non una fata, non una maga.

Un cavaliere.

Uno che si sveglia e affronta il momento peggiore, dove rischia di perdere la battaglia più grande: quella che mette a rischio la fede.

E poco importa sei potenti non ci credono.

Noi esseri speciali, probi cavalieri o benandanti dal volto selvatico, siamo tutti qua a combattere l’assedio del male.

Allora la città diventa il nostro profondo io, subissato da tentazioni, da cadute e da cedimenti.

Allora diventiamo noi stessi mura, quelle chiamate fiducia, quelle che devono essere difese.

E Torino simboleggia quella compenetrazione tra magia e progresso che fa di noi splendidi esseri umani.

Vorrei raccontarvi la trama.

Raccontarvi ogni sfaccettatura dei personaggi.

Vorrei farvi comprendere il talento puro di questo autore.

Ma forse solo raccontandovi la mie visione, nel leggere il libro, solo narrandovi la mia folle estatica interpretazione, posso convincervi a aprire la porta creata da Buggio.

E entrare nel mondo da lui descritto.

Oggi noi siamo assediati.

Da tanta troppa banalità da tanta volgarità, da tanta grettezza.

Da mediocrità e forse stupidità.

E soltanto un libro, un libro vero come ci canta Vecchioni, può farci vincere l’ultima guerra: quella contro l’annichilimento dei sensi.

E leggere Buggio è l’arma migliore.

E’ l’unico modo per tenere vivi i sogni.

Anche se spesso essi assumono le rapaci forme di incubi.

Ma scuotono la mente, risvegliano l’anima e ci armeremo della brillante spada della fede per azzittire, per sempre, quel Drago.

O forse ci renderà cosi vivi, vigili e di ampie vedute che guardandolo fisso negli occhi, ci renderemo conto che è solo un patetico, inutile drago di Cartone.

Viaggiate con me a Torino.

Leggete e ammaliate i sensi di bellezza.

In questo libro essa è diffusa e capace di emanare la sua luce dalle pagine.

 

“«I destini di molti sovente passano per le mani di pochi.» ”

 

(Alessandra Micheli)

potete leggere la recensione sul blog

“La città dell’assedio” di Luca Buggio, La Corte Editore.