Un libro che avevo in lista da tempo, perché amo i libri ambientati in Italia e perché, pur abitando a diverse centinaia di chilometri dalla capitale piemontese, ho più volte visitato e amato Torino per la sua bellezza e il richiamo all’esoterismo. E ho amato anche questo libro, che già dalle prime pagine rivela stile e linguaggio capaci di tenere il lettore nella giusta tensione.
Quali sono (o dovrebbero essere) le aspettative per chi sceglie di leggere “La città delle streghe”? Mi aspettavo una cornice storica ben delineata riguardo Torino, mistero, qualche intrigo politico, personaggi coerenti, giusto un pizzico di romanticismo e, ingrediente di base, esoterismo. Dal mio punto di vista Luca Buggio ha fatto centro: mi ha sorpreso con uno stile di scrittura eccellente e più dettagli (in senso buono) di quelli che mi aspettassi. C’è poco da dire, perché senza alcuno sforzo ero nel 1700 assieme ai protagonisti.
Nei primi capitoli secondo me l’autore ha rischiato e vinto: il tema del viaggio mostra il suo personaggio (secondo me) più importante in un percorso di crescita e sofferenza che in un certo senso non smette mai di avanzare, anche quando fisicamente immobile. Prosegue con crescente intensità, diramando l’azione in due trame separate che non collimano se non quasi di sfuggita. Una scelta che ho compreso, ma che nel complesso non mi ha convinto del tutto, perché questo libro è davvero un meccanismo perfetto che mostra forse un’incertezza proprio nella mancata connessione tra i due protagonisti. Nulla di grave, perché immagino (e spero) che nei prossimi due libri ci sarà una svolta in questo senso.
I personaggi sono dannatamente reali. E non solo i protagonisti. Uno sviluppo coerente di azione/reazione, crescita, linguaggio: ogni personaggio è un mondo a sé, ha tanto da raccontare (e lo fa!) in un romanzo che seppure non troppo lungo condensa storie, emozioni e mostra il necessario di ognuno, scavando in vicende comprensibili perché vere e facilmente identificabili.
La storia si divide nell’archetipo dei giochi di potere e in quello della sopravvivenza dei deboli: temi agli antipodi, ma legati dalla ricerca comune della risoluzione di un mistero, una risposta che potrebbe anche non arrivare o che cela qualcosa di ancora più grande. Solo leggendolo si troverà la risposta.
Lo stile. Lo stile è la punta di diamante di questo libro. Il linguaggio è chiaro, mai forzato: con frequenti e rapide pennellate Luca Buggio mostra la Torino del 1700 apparentemente senza alcuno sforzo, e non solo. Il fluire di emozioni e pensieri nei personaggi mostrano chi sono e le motivazioni che li muovono senza dilungarsi, ma in modo deciso. Ringraziavo (e ringrazio ancora) l’autore ad ogni pagina perché i soliti pipponi galattici sul passato e le aspettative e i tormenti forzati e “sul sarebbe stato bello se…” non ce ne sono. Ci sono tormenti, ci sono aspettative, ci sono storie di un passato ingiusto per i vari personaggi, ma mostrato con grande maestria, senza annoiare, mescolato al resto delle descrizioni che, oltre ai soliti sensi (vista e udito), danno molta importanza al fattore olfattivo.
In conclusione è un romanzo che consiglio a mani basse, per amanti dello storico e della suspense senza tralasciare il lato magico, ma soprattutto per chi ha voglia di leggere un libro ben scritto, che merita di essere chiamato tale.
Mi fa particolarmente piacere questo giudizio perché arriva da un collega autore, di quelli che quando leggono sono ‘severi ma giusti’. Questo è il suo sito
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